Come smaltire l’alcol nel sangue: l’acqua ad alto contenuto di ossigeno può aiutare?

Capace di alleviare i sintomi del “dopo sbronza”, l’acqua ad alto contenuto di ossigeno stabile e bio disponibile può avere effetti positivi anche per quanto riguarda la velocità con cui l’organismo riesce a smaltire l’alcol

É noto come l’acqua ricca di ossigeno assunta per bocca ed assorbita attraverso l’apparato digerente aumenti la quantità di ossigeno presente a livello della vena porta. Un  nuovo studio condotto dal College of Pharmacy della Chungnam National University ha indagato come l’acqua ricca di ossigeno possa facilitare l’ossidazione ( e quindi l’eliminazione) dell’alcool nel fegato grazie al maggior apporto di ossigeno attraverso la vena porta.

Guidare con concentrazioni di alcol nel sangue superiori a quelle prescritte per legge può avere gravi conseguenze sia dal punto di vista della sicurezza stradale che delle ripercussioni in fatto di multe e sanzioni. Prima di mettersi al volante dopo aver bevuto, occorre smaltire l’alcol fino a raggiungere i livelli massimi consentiti per legge.

Cos’è il tasso alcolemico

Il tasso alcolemico (TA), o alcolemia, misura la quantità di alcol (etanolo) presente nel sangue. Comunemente espresso in grammi per litro (g/l), questo valore può essere determinato tramite un esame del sangue o, più semplicemente, attraverso l’etilometro, mediante il cosiddetto “alcol test”.

Cosa prescrive il Codice della Strada

Modificato con il recente aggiornamento del Codice della Strada, l’Articolo 186 disciplina la guida in stato di ebbrezza, distinguendo tra quattro possibili scenari:

– TA fino a 0,5 grammi di alcol per litro di sangue;
– TA superiore a 0,5 g/l ma non superiore a 0,8 g/l;
– TA superiore a 0,8 g/l ma non superiore a 1,5 g/l;
– TA superiore a 1,5 g/l;

Il superamento dei limiti sopra descritti comporta, a seconda dei casi, sanzioni più o meno pesanti, fino all’arresto da 8 a 18 mesi e la confisca veicolo.

Quanto tempo occorre per smaltire l’alcol nel sangue?

La risposta dipende da vari fattori, tra cui, oltre alla quantità di alcol assunto, anche l’età, il sesso ed il peso del conducente. Tuttavia, un recente studio ha indagato l’effetto dell’acqua con alti livelli di ossigeno nello smaltimento delle bevande alcoliche. I risultati dimostrano che, poiché l’ossigeno disciolto accelera significativamente la riduzione delle concentrazioni di alcol nel sangue, l’acqua ad alto contenuto di ossigeno stabile può avere effetti positivi sulla velocità con cui l’organismo è in grado di smaltire l’alcol.

Lo studio condotto dal College of Pharmacy della Chungnam National University

Lo studio esamina l’effetto che l’acqua con alti livelli di ossigeno disciolto ha nella velocità con cui l’organismo riesce a smaltire l’alcol nel sangue. Attraverso un esperimento controllato con 15 partecipanti, sono state testate diverse combinazioni di bevande con livelli variabili di ossigeno. I risultati suggeriscono che l’ossigeno disciolto accelera significativamente la riduzione delle concentrazioni di alcol nel sangue. Più nel dettaglio, è stata utilizzata un’analisi non compartimentale per valutare le differenze nei parametri farmacocinetici. Inoltre, sono stati calcolati i tempi necessari affinché il BAC (concentrazioni di alcol nel sangue) scendesse rispettivamente allo 0,05% e allo 0,03%. I risultati delle comparazioni di questi parametri mediante ANOVA sono riportati nella Tabella 2.

Consulta lo studio

Altri Studi su Kaqun

Kaqun, uno studio ne conferma l’utilità per il trattamento di pazienti con diabete Tipo 2

Valutati la sua capacità di aumentare il livello di ossigeno nei tessuti nonché l’effetto protettivo sulla riduzione della massa mitocondriale e della disfunzione mitocondriale indotta dall’iperglicemia, l’acqua Kaqun s’è dimostrata un’efficace terapia adiuvante per il diabete di tipo 2. Ecco i dati emersi da un recente studio 

L’acqua Kaqun aumenta i livelli di ossigeno nel sangue arterioso, sembra avere un effetto protettivo sulla riduzione della massa mitocondriale e della disfunzione mitocondriale indotta dall’iperglicemia e può essere un’efficace terapia adiuvante per il diabete di tipo 2. Queste le conclusioni di uno studio condotto dai ricercatori del Changi General Hospital di Singapore sull’effetto dell’acqua Kaqun.


I ricercatori hanno valutato gli effetti dell’acqua stabilmente arricchita con ossigeno (ELO è il marchio con cui Kaqun viene distribuita in Asia) sui pazienti con diabete di tipo 2 per aumentarne i livelli nel sangue arterioso, sulla funzione mitocondriale in presenza di ambienti con glucosio normale o alto e come terapia ipoglicemizzante negli esseri umani. “Abbiamo dimostrato – spiegano gli autori – che bere acqua arricchita di ossigeno ELO è in grado di aumentare i livelli di ossigeno arterioso. È probabile che l’ossigeno nell’acqua ELO sia stato trasportato attraverso l’intestino nel flusso sanguigno attraverso le acquaporine che trasportano sia acqua che ossigeno. Abbiamo anche scoperto – continuano i ricercatori –  che i tassi di respirazione mitocondriale erano elevati nelle cellule coltivate in acqua ELO, come evidenziato da tassi di consumo di ossigeno più elevati associati alla respirazione basale e alla respirazione legata all’ATP, probabilmente facilitata dall’ambiente arricchito di ossigeno. 

Come anticipato, dalla ricerca è emerso in particolare l’effetto protettivo sulla riduzione della massa mitocondriale e della disfunzione mitocondriale indotta dall’iperglicemia, suggerendo l’uso di acqua Kaqun per il trattamento di pazienti con diabete di tipo 2. “È stato dimostrato – si legge nello studio – che l’inversione dell’ipossia migliora la capacità secretiva dell’insulina, la resistenza all’insulina e la funzione delle cellule beta. Nel nostro studio, l’acqua ELO ha ridotto significativamente l’HbA1c anche nei soggetti con diabete per almeno 10 anni”.

Qui sotto la traduzione in italiano dell’abstract.

NB: la ricerca fa riferimento nello specifico a “ELO water”, brand col quale Kaqun viene commercializzata in Asia. Kaqun Water e ELO Water sono lo stesso prodotto.

Contesto
Il diabete mellito è associato ad un inadeguato apporto di ossigeno ai tessuti. L’ipossia cellulare è associata a disfunzione mitocondriale che aumenta lo stress ossidativo e l’iperglicemia. La terapia di ossigenazione iperbarica, che ha dimostrato di migliorare la sensibilità all’insulina, non è pratica per un uso regolare. Abbiamo valutato gli effetti dell’acqua stabilmente arricchita con ossigeno (acqua ELO) per aumentare i livelli di ossigeno nel sangue arterioso, sulla funzione mitocondriale in presenza di ambienti con glucosio normale o alto e come terapia ipoglicemizzante negli esseri umani.

Metodi
Abbiamo confrontato i livelli di ossigeno nel sangue arterioso nei ratti Sprague-Dawley dopo 7 giorni di ELO ad libitum o consumo di acqua del rubinetto. Test di stress mitocondriale e analisi citofluorimetrica della massa mitocondriale e del potenziale di membrana sono stati eseguiti su cellule HepG2 umane coltivate in quattro terreni Eagle Medium modificati di Dulbecco, realizzati con acqua ELO o acqua normale (controllo), a livelli normali (5,5 mM) o alti ( 25 mM) concentrazioni di glucosio. Abbiamo anche randomizzato 150 adulti con diabete di tipo 2 (età media 53 anni, emoglobina glicata HbA1c 8,9% [74 mmol/mol], durata media del diabete 12 anni) a bere 1,5 litri al giorno di acqua ELO in bottiglia o acqua potabile.

Risultati
L’acqua ELO ha aumentato significativamente la tensione arteriosa dell’ossigeno pO2 (335 ± 26 contro 188 ± 18 mmHg, p = 0,006) rispetto all’acqua del rubinetto. Nelle cellule coltivate in acqua di controllo, la massa mitocondriale e il potenziale di membrana erano entrambi significativamente inferiori con glucosio 25 mM rispetto a glucosio 5,5 mM; al contrario, la massa mitocondriale e il potenziale di membrana non differivano significativamente a concentrazioni di glucosio normali o elevate nelle cellule coltivate in acqua ELO. L’ambiente ad alto contenuto di glucosio ha indotto una maggiore perdita di protoni mitocondriali nelle cellule coltivate in acqua ELO rispetto alle cellule coltivate nel mezzo di controllo con concentrazione di glucosio simile. Negli adulti diabetici di tipo 2, l’HbA1c è diminuito significativamente (p = 0,002) dello 0,3 ± 0,7% (4 ± 8 mmol/mol), con acqua ELO dopo 12 settimane di trattamento, ma è rimasto invariato con il placebo.

Conclusioni
L’acqua ELO aumenta i livelli di ossigeno nel sangue arterioso, sembra avere un effetto protettivo sulla riduzione della massa mitocondriale e della disfunzione mitocondriale indotta dall’iperglicemia e può essere un’efficace terapia adiuvante per il diabete di tipo 2.

Puoi trovare maggiori informazioni sulla correlazione tra diabete e ipossia visitando questa pagina.

 

Chemioterapia e radioterapia: il ruolo dell’ossigeno

Pur ammettendo specifiche differenza da caso a caso, una caratteristica comune alla maggior parte dei tumori è data dai bassi livelli di ossigeno. Come dimostrato da numerose indagini, in condizioni di ipossia i tumori hanno generalmente un comportamento più aggressivo e le cellule tumorali subiscono frequenti mutazioni genetiche, sviluppando in tal modo una straordinaria capacità di diffondersi e, quindi, di portare a metastasi. 

L’ipossia (carenza di ossigeno) nella radio e chemioterapia

L’ipossia a livello del tessuto tumorale non solo porta ad una maggiore aggressività del tumore, ma causa anche una bassa risposta alla chemio e radioterapia.
In particolare, l’efficacia dei farmaci antitumorali è risultata essere ostacolata sia dai bassi livelli di ossigeno che dalle condizioni di acidosi del tessuto corporeo dovute alla glicolisi anaerobica, condiszione anch’essa legata alla carenza di ossigeno. Poiché alcuni farmaci chemioterapici richiedono ossigeno per generare i radicali liberi che uccidono le cellule tumorali, gli stessi farmaci si sono dimostrati essere inefficaci (o meno efficaci) nel caso di un cancro particolarmente ipossico.

Studio: “Effects of hypoxia on human cancer cell line chemosensitivity

Efficacia di farmaci utilizzati nella chemioterapia in condizione di ipossia

Per renderne la consultazione più semplice, riportiamo di seguito la traduzione dell’absctract dello studio “Effects of hypoxia on human cancer cell line chemosensitivity” condotto dai ricercatori Sara Strese, Mårten Fryknäs, Rolf Larsson e Joachim Gullbo integralmente consultabile cliccando qui. 

Metodo
Sono stati testati un panel di 19 farmaci disponibili in commercio: 5-fluorouracile, acriflavina, bortezomib, cisplatino, digitossina, digossina, docetaxel, doxorubicina, etoposide, gemcitabina, irinotecan, melfalan, mitomicina c, rapamicina, sorafenib, talidomide, toscritina e tiracanpazamina, per l’attività citotossica sulle linee cellulari tumorali A2780 (ovarico), ACHN (renale), MCF-7 (seno), H69 (SCLC) e U-937 (linfoma). Parti uguali e parallele delle cellule sono state coltivate a diverse pressioni di ossigeno e dopo 72 ore di esposizione al farmaco è stata ne è stata misurata la vitalità (citotossicità in microcoltura fluorimetrica FMCA).

Resistenza mediata dall’ipossia alla radio e chemioterapia
Le cellule ipossiche, cioè in carenza di ossigeno, possono essere resistenti sia alla radioterapia che alla chemioterapia convenzionale.
Gli studi dimostrano l’impatto negativo dell’ipossia sull’efficacia della radioterapia nel trattamento tumorale e, in particolare, nel caso di carcinoma mammario, carcinoma della testa e del collo e carcinoma della cervice uterina. Esistono diverse teorie non escluse per spiegare il fatto che anche la chemioterapia convenzionale abbia un effetto minore sulle cellule tumorali ipossiche. Il pattern vascolare anarchico caratteristico di molti tumori include cambiamenti di calibro, anse e triforcazioni. Unitamente alla distanza tra cellula e vaso sanguigno, ciò diminuisce sia l’esposizione del farmaco antitumorale che la proliferazione cellulare. Poiché l’effetto citotossico è maggiore nelle cellule in rapida divisione, le cellule tumorali a lenta proliferazione lontane dai vasi sanguigni risultano essere meno sensibili alla chemioterapia. Da momento che l’ipossia coinvolge anche le cellule con bassa espressione di p53, di conseguenza l’apoptosi indotta da p53 risulta conseguentemente ridotta nelle cellule ipossiche. Inoltre, in un ambiente normossico (cioè con normali livelli di ossigeno), le lesioni al DNA causate da alcuni farmaci antitumorali sono più permanenti, mentre in un ambiente ipossico si verificano livelli più elevati di ripristino e guarigione. 

Leggi anche – Ipossia tumorale

Infertilità femminile e maschile: il ruolo dell’ipossia

infertilità

Numerosi studi dimostrano la stretta correlazione tra ipossia e disturbi dell’infertilità sia maschile che femminile

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Infertilità femminile e ipossia

Una condizione di ipossia cronica può facilmente portare all’infertilità in molti soggetti di sesso femminile. La fertilità risulta infatti ridotta anche nelle donne – così come in molte altre specie animali domestiche di sesso femminile – che risiedono in ambienti di alta quota con bassi livelli di ossigeno. In base ad uno recente studio è emerso per esempio che l’esposizione delle pecore all’ipossia da alta quota ha una notevole capacità di influire sullo sviluppo e sulla funzione del “corpo luteo”, struttura vitale dell’ovaio che produce gli ormoni necessari alla gravidanza. Senza un corpo luteo funzionante, la gravidanza non può avere successo. 

Attraverso un ulteriore studio condotto dai ricercatori della Yale School of Medicine sulla riduzione della fertilità femminile legata all’età, gli scienziati hanno scoperto che nelle donne di età superiore ai 40 anni l’ipossia può provocare danni alle ovaie. “Alcune donne rimandano la gravidanza, ma con l’età le cellule del cumulo che circondano e nutrono l’ovulo iniziano a morire; abbiamo scoperto che ciò è causato dalla mancanza di ossigeno”, ha affermato il dott. Pasquale Patrizio, direttore del Centro di fertilità di Yale e professore presso il Dipartimento di ostetricia, ginecologia e scienze della riproduzione.

Infertilità maschile e ipossia

Uomini e animali di sesso maschile producono ogni giorno un elevato numero di spermatozoi: questa produzione di sperma (spermatogenesi) nel testicolo richiede una notevole quantità di ossigeno. Studi sui ratti hanno dimostrato che l’ipossia cronica al testicolo conduce all’oligospermia, cioè ad un basso numero di spermatozoi nel testicolo.
Attraverso uno studio condotto su di un campione di alpinisti, vale a dire su soggetti che trascorrono lunghi periodi ad alta quota, dove i livelli di ossigeno sono più bassi, i ricercatori hanno inoltre documentato che il numero di spermatozoi si abbassava notevolmente rispetto ai livelli pre- partenza, rimanendo molto basso anche al termine della spedizione – quindi una volta tornati al livello del mare – per un periodo superiore ai 6 mesi. L’effetto è tuttavia reversibile ed il numero di spermatozoi ritorna quello di prima dopo circa 2 anni: lo studio conclude quindi che l’ipossia è responsabile della riduzione del numero di spermatozoi di tali soggetti. 

Attraverso uno studio condotto dal Department of Psychobiology dell’Università di Sao Paolo, in Brasile, i ricercatori hanno recentemente indagato la relazione tra apnea ostruttiva del sonno (OSA) e fertilità maschile, scoprendo che le interruzioni intermittenti della respirazione (episodi di riduzione dell’apporto di ossigeno e segno distintivo dell’apnea notturna) sono spesso associate a una ridotta fertilità. È stato inoltre scoperto che l’ipossia associata all’ostruzione delle vie aeree nei pazienti con OSA è anch’essa un importante fattore in grado di concorrere alla riduzione della fertilità.

Simili studi dimostrano la stretta correlazione che intercorre tra una condizione di ipossia, cioè di carenza di ossigeno, e l’insorgenza di numerose problematiche a livello dell’infertilità sia femminile che maschile. Pertanto, contrastare eventuali condizioni di ipossia si dimostra essenziale per ripristinare le funzioni biologiche legate alla fertilità. 

> Approfondisci: ipossia, cos’è e a cosa è dovuta

Carenza di ossigeno al cuore – sintomi e conseguenze

ossigeno al cuore

ossigeno al cuore


Mancanza di ossigeno al cuore
Le cellule del cuore sono molto sensibili alla mancanza di ossigeno: per pompare ininterrottamente, 24 ore al giorno, tutti i giorni di tutta la vita, il cuore richiede infatti un costante apporto di energia e, quindi, di ossigeno. Tuttavia, poiché il cuore non dispone di una particolare “riserva” di ossigeno, il carente afflusso o la mancanza di sufficiente ossigeno si dimostra una condizione particolarmente seria.

Sistema cardiovascolare
Il sistema cardiovascolare, noto anche come sistema circolatorio, comprende cuore, arterie, vene, capillari e sangue. Il cuore è letteralmente la pompa che spinge il sangue attraverso la rete dei vasi sanguigni, cioè l’insieme dei “tubi” di varie dimensioni (arterie, vene e capillari) che gli consentono di raggiungere i diversi distretti del corpo. 
Fornire ossigeno al corpo è la funzione principale e più importante del sistema cardiovascolare: il cuore e la rete di vasi sanguigni sono infatti il sistema di trasporto che garantisce il costante afflusso di ossigeno alle cellule.

La richiesta energetica del cuore
Sebbene tutte le cellule richiedano ossigeno, le cellule cardiache sono, insieme a quelle cerebrali, le più sensibili all’ipossia e, se private dell’ossigeno di cui necessitano, cominciano a morire nel giro di pochissimi minuti. Il cuore da solo, per funzionare, richiede ed utilizza dal 5 al 20% del quantitativo totale di ossigeno a disposizione dell’organismo. Se non ricevono abbastanza ossigeno, le cellule del muscolo cardiaco muoiono entro 20 minuti. Quindi, l’ipossia causata da un’ostruzione delle arterie si dimostra particolarmente grave, se non letale, sia per il cuore che per il cervello.

Malattie cardiovascolari: infarto e attacco di cuore
In base ai dati diffusi dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo. Per CVD, s’intendono generalmente condizioni che riguardano l’ostruzione dei vasi sanguigni e quindi un carente afflusso di ossigeno al cuore, con conseguente dolore toracico (angina) infarto e ictus).

Cosa succede durante un infarto o un attacco di cuore? 
L’infarto si verifica quando un’arteria coronaria ristretta si “blocca” improvvisamente a causa di un coagulo di sangue, interrompendo così l’apporto di ossigeno al cuore, le cui cellule soffrono di “ipossia immediata” (Cellular Pathways of Death and Survival in Acute Myocardial Infarction – Department of Physiology, Brody School of Medicine, East Carolina University, Greenville, NC, USA).

Senza ossigeno, le cellule cardiache passano alla glicolisi anaerobica per generare energia, producendone un quantitativo 16 volte inferiore rispetto a prima. A causa di questa improvvisa “crisi energetica”, le cellule cominciano rapidamente a morire. Se entro un’ora non viene ristabilito l’afflusso di sangue ricco di ossigeno al cuore, le cellule muoiono e il cuore smette di funzionare correttamente diminuendo a sua volta la fornitura di ossigeno al corpo (insufficienza cardiaca). Se i danni sono eccessivamente estesi, il cuore smette di battere ed il soggetto muore. 

> Ipossia: cos’è e come contrastarla

Ipossia cerebrale: carenza di ossigeno al cervello e ictus

Ipossia cerebrale

Ipossia cerebrale, ovvero carenza di ossigeno al cervello
Le cellule del cervello sono particolarmente sensibili alla mancanza di ossigeno. Pur essendo un organo particolarmente “attivo” dal punto di vista metabolico, il cervello non dispone infatti di alcuna particolare “riserva di ossigeno” (Hypoxia, Ischemic Stroke, and Memory Defcits:Prospects for Therapy – Miao-Kun Sun).

L’ossigeno è fondamentale alle cellule cerebrali, la cui funzione è quella di trasmettere i segnali elettrici che coordinano la funzione di tutti gli organi, consentono il movimento e “orchestrando” tutte le altre funzioni corporee all’interno di un organismo vivente. Tali attività, fondamentali alla vita stessa, sono ad alta richiesta energetica. In particolare, cellule “ad alto funzionamento” come quelle celebrali e cardiache, richiedono per funzionare un costante ed elevato quantitativo di energia. 

Questo è il motivo per cui l’ipossia cerebrale si dimostra una condizione particolarmente seria per le funzioni celebrali.

> Ipossia – cos’è e come contrastarla

Ipossia cerebrale e malattie cardiovascolari: infarto e ictus
Secondo l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), le malattie cardiovascolari (CVD) sono la prima causa di morte nel mondo: ci sono più persone che muoiono ogni anno per CVD che per qualsiasi altra causa. Con malattie cardiovascolari ci si riferisce generalmente a condizioni che riguardano l’ostruzione dei vasi sanguigni con conseguente dolore toracico (angina), infarto o ictus. 

Ipossia cerebrale e ictus
L’ictus
si verifica quando un’arteria cerebrale ristretta si “blocca” improvvisamente a causa di un coagulo di sangue, interrompendo così l’apporto di ossigeno. Sebbene il meccanismo sia molto simile a quello di un infarto o di un attacco di cuore (che si verifica generalmente quando a bloccarsi è un’arteria coronaria), l’ipossia cerebrale può essere un problema anche più grave poiché le cellule cerebrali muoiono ancor più velocemente di quelle cardiache. L’interruzione del regolare flusso di ossigeno al cervello porta ad una rapida morte cellulare, con conseguenti danni permanenti alle regioni del cervello interessate. 

A seconda della regione del cervello interessata, un ictus può provocare una serie di problemi neurologici differenti, come perdita della capacità di muovere un arto, di parlare o di vedere, fino alla perdita di coscienza (coma) e alla morte. 

> Acqua Kaqun contrasta l’ipossia – come funziona e quando è indicata

Quali sono i rischi per la salute e le patologie connesse all’ipossia?

Diabete - ipossia

L’ossigeno è fondamentale per ogni cellula del nostro corpo.
Senza ossigeno le cellule non possono produrre energia ed il loro metabolismo diventa meno efficiente.

Dal cancro al diabete, dalla steatosi epatica all’acne, l’ipossia è una condizione alla base di numerosi patologie, alcune delle quali anche molto gravi.

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L’IPOSSIA E I SUOI EFFETTI SULLA SALUTE

INDICE del libro

  • Perché l’ossigeno è così importante?
  • Cos’e’ l’ipossia?
  • La correlazione tra ipossia e diabete 
  • L’ipossia è la migliore amica del cancro
  • Steatosi epatica e ipossica
  • in che modo l’ipossia è coinvolta in infarti e ictus 
  • Una ferita soffre di più quando c’è ipossia
  • L’ipossia influenza anche la fertilità
  • Ipossia e disfunzione erettile
  • Ipossia e disordini/dolori mestruali
  • L’ipossia innesca l’acne!

Ipossia è un termine medico utilizzato per descrivere una condizione in cui i tessuti corporei non ricevono abbastanza ossigeno. In altre parole, ipossia significa letteralmente bassi livelli di ossigeno nel corpo. L’ipossia può dipendere da vari fattori ed è una condizione riscontrabile in moltissime persone e associata a numerose e differenti condizioni patologiche.

L’ipossia può essere causata da diminuzione dell’ossigeno nell’aria, da ridotta capacità del sangue di trasportare ossigeno ai tessuti degli organi (come nei casi di anemia, talassemia, grave emorragia o arterie o capillari ostruiti), da ridotta capacità dei tessuti di assorbire l’ossigeno (come nel caso delle malattie polmonari) o, ancora, da ridotta capacità delle cellule di utilizzare l’ossigeno (come avviene nel caso di avvelenamento da monossido di carbonio o di anormale funzione mitocondriale).

All’interno di ogni cellula ci sono migliaia di piccole “centrali elettriche” chiamate mitocondri che generano energia sotto forma di ATP. Affinché queste centrali possano generare le molecole di ATP attraverso il processo della fosforilazione ossidativa (OXPHOS), è necessario un generoso apporto di ossigeno.

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L’importanza dell’ossigeno per la salute. Studi e ricerca

Kaqun.eu

Mascherina obbligatoria e ipossia: quali sono i rischi?​

mascherina
mascherina

Se respiriamo all’interno della mascherina inevitabilmente respiriamo anche la nostra anidride carbonica.
È un dato inconfutabile: prova ne è che quando ci troviamo di fronte a persone che vanno in iperventilazione uno dei primi interventi è far respirare il soggetto dentro un sacchetto di carta in modo da controbilanciare l’eccessiva perdita di anidride carbonica provocata dal respiro troppo profondo frequente e affannoso.

Tra i sintomi legati alla ipercapnia, cioè l’eccesso di CO2 nel sangue oltre i 45 mmHg, troviamo:

  • dispnea
  • tachipnea
  • tachicardia
  • extrasistoli
  • ipertensione
  • sudorazione
  • spasmi
  • stato confusionale
  • acidosi metabolica

Ma se siamo obbligati ad indossare la mascherina, come si fanno a contrastare gli effetti collaterali di un eccesso di anidride carbonica e una diminuzione dell’ossigenazione?

Il nostro organismo è in grado di assorbire l’ossigeno contenuto nell’acqua, ormai è dimostrato: se beviamo un’acqua ad alto contenuto di ossigeno questo può passare dall’intestino al liquido interstiziale e alle cellule. Consente:

  • Il ripristino dell’equilibrio tra O2 e CO2
  • Di contrastare l’acidosi metabolica con un’azione alcalinizzante
  • Di ripristinare la produzione di ATP

É un gesto semplice ma di grande impatto sulla nostra salute, le nostre cellule sono in grado di respirare come fanno i pesci! 

Un bicchiere di acqua Kaqun innalza il livello di ossigenazione in tutti i tessuti del 20-25% per oltre 1 ora.

I guai dell’ipossia

scarsa ossigenazione

Dott.ssa Michela Marinato
Articolo pubblicato su: L’Accademia del Fitness, Aprile 2018, N.29

Per ipossia si intende una condizione di carenza di ossigeno o di scarsa ossigenazione a livello dell’intero organismo o di un determinato distretto. Si parla di ipossia quando la PaO2 nel sangue arterioso è < 60 mm Hg.

Una scarsa ossigenazione a livello cellulare comporta una serie di alterazioni citologiche:

  1. Blocco della fosforilazione ossidativa
  2. Diminuzione della sintesi di  ATP
  3. Maggiore produzione di acido lattico
  4. Minore PH intra cellulare => rilascio di enzimi lisosomiali
  5. Deficit della pompa Na – K
  6. Perdita del gradiente di membrana
  7. Perdita della permeabilità di membrana
  8. Danno mitocondriale

Tutto ciò conduce a morte cellulare, dando l’avvio ad una serie infinita di patologie.

Sono molte le ragioni che possono portare ad una scarsa ossigenazione e non staremo ad elencarle in questa sede. Vediamo invece a cosa conduce uno stato di ipossia cronica, a partire dei disturbi più banali e sfumati fino a giungere alle patologie più gravi.

  • Debolezza generalizzata, stordimento, vertigini
  • Depressione, disturbi del sonno perdita di concentrazione e memoria, irritabilità
  • Mal di testa, dolori muscolari, disfunzioni sessuali
  • Disturbi circolatori, digestivi, metabolici (aumento di peso)
  • Abbassamento delle difese immunitarie, aumento delle infezioni
  • Patologie degenerative, cancro.

Utilizzato per produrre energia in tutti tessuti del corpo, la quantità di ossigeno consumata da un adulto è di circa 250 ml al minuto. Durante l’esercizio fisico o in situazioni altamente stressanti il consumo di ossigeno aumenta tuttavia in modo significativo.

La respirazione rappresenta indiscutibilmente l’atto più importante per la vita e quindi, respirare correttamente è la cosa più importante che si possa fare per migliorare la propria salute: respirare correttamente permette di vivere più a lungo e più sani, aiuta mente e corpo a  funzionare meglio, può abbassare la pressione arteriosa, favorire la calma e controllare lo stress. Lo ricorda il Dr Frederick Muench, direttore presso la Digital Health Interventions al North Shore Jewish Health System di Long Island, affermando che: “quando si scende sotto i 10 atti respiratori al minuto inizia ad attivarsi il sistema nervoso parasimpatico che aiuta l’organismo a riprendersi dopo un evento traumatico. Inoltre, cosa molto importante, la respirazione corretta tende ad incrementare la HRV (variabilità della frequenza cardiaca)”.

La respirazione, tuttavia, non è tutto: anche l’acqua ha infatti un enorme peso nel controllo dell’ipossia, dimostrandosi fondamentale per il trasporto di ossigeno alle cellule e per il trasporto delle sostanze tossiche al di fuori di esse e del corpo.

Poichè una scarsa ossigenazione e un accumulo di tossine rendono il corpo più vulnerabile ad infezioni e infiammazioni, è facilmente intuibile come la disidratazione porti rapidamente a condizioni patologiche. Al contrario, un buon livello di idratazione è fondamentale per il trasporto verso la cellula di nutrienti, vitamine, minerali ecc.

L’acqua è una medicina fondamentale e perfetta ed aiuta il ritorno allo stato di salute: è necessario bere regolarmente durante la giornata senza aspettare i segnali della sete e della bocca secca, ultimi e non primi segnali del bisogno di acqua. Di acqua, e non di altro: l’assunzione di bevande e bibite al posto dell’acqua aumenta infatti la disidratazione anziché correggerla; inoltre le bibite contengono zucchero che é responsabile non solo dell’insorgenza di patologie metaboliche quali il diabete, ma anche di uno stato di infiammazione sistemica cronica, che é alla base della maggior parte delle patologie odierne.

Bere acqua pura con elevate caratteristiche qualitative è estremamente importante per la salute e, anche se é ” impegnativo”, ne vale la pena.

Tornando all’ipossia, va ricordato che la carenza di ossigeno non solo porta, nel soggetto sano,  all’insorgenza di varie patologie, ma si dimostra anche una condizione che compromette gravemente la risposta dei trattamenti in ambito oncologico e, quindi, nei soggetti che si trovano in un grave stato di salute.

La radioterapia è tra i più noti trattamenti contro il cancro insieme alla chirurgia e alla chemioterapia: essa utilizza radiazioni ionizzanti (solitamente raggi X) che vengono dirette verso la massa tumorale, danneggiando il DNA delle cellule cancerose ed impedendogli così di replicarsi. Le radiazioni ionizzanti possono attaccare il DNA direttamente, oppure servirsi di altre molecole con un meccanismo indiretto attraverso la formazione di radicali liberi. L’ossigeno è un potenziatore della radioterapia proprio perché ha un ruolo attivo nella loro produzione. Per questo motivo, l’ipossia tumorale è considerata un importante fattore di radio resistenza in molti tumori,  associata ad un alto incremento di ricaduta locale e metastasi a distanza e identificata come un” fattore prognostico indipendente” per la sopravvivenza. Dati sperimentali in vitro e in vivo hanno dimostrato che i tumori ipossici richiedono dosi di 2-3 volte superiori rispetto alle cellule normossiche: un livello di dose impossibile da raggiungere clinicamente.

Esporre le cellule tumorali all’ossigeno migliora i trattamenti contro il cancro. A dimostrarlo, tra le altre, anche una ricerca condotta dalla University’s Grey Institute for radiation oncologist and biology di Oxford.

La determinazione dell’ipossia nei tumori è pertanto della massima rilevanza clinica, in quanto l’aggressività del tumore, la deriva metastatica, il mancato controllo della neoplasia, l’aumento del rischio di recidiva e, in definitiva, l’esito sfavorevole sono associati proprio all’ipossia.

Il numero degli studi  scientifici riferiti all’ipossia e, nello specifico, alla relazione tra tumori e mancanza d’ossigeno condotti dagli istituti e dalle università di tutto il mondo è in costante aumento:  non è dunque un caso se anche un grande consorzio di scienziati europei uniti nel progetto Metoxia abbia concentrando la propria attenzione proprio sull’ipossia con l’obiettivo di  riuscire a comprendere come avviene la diffusione di tumori e l’insorgenza delle metastasi.

Approfondisci < L’ipossia e la respirazione cellulare

 

Acqua: ancora tutta da scoprire

Dott.ssa Michela Marinato
Articolo pubblicato su: L’Accademia del Fitness, gennaio 2018, N.28

L’acqua, la sostanza apparentemente più semplice e comune presente sul nostro pianeta, è in realtà uno dei misteri più grandi e complessi che esistano.
Cos’è realmente l’acqua? La conosciamo, la beviamo, esce dai nostri rubinetti, è uno dei beni più preziosi e, lo sappiamo, non c’è vita senza acqua, almeno sul nostro pianeta, perché è una delle componenti più significative dei nostri sistemi biologici.
La sua struttura è molto nota: H2O. Congela a 0 °C e raggiunge l’ebollizione a 100 °C. È più densa a 4 °C che a 0 °C (ecco perché il ghiaccio galleggia!)
Note e quasi scontate, tali caratteristiche sono in realtà anomalie. Se paragonata ad altre molecole simili e contenenti due atomi di idrogeno (come H2S, H2Se, H2Te), risulta infatti che, in base al suo peso molecolare, essa dovrebbe bollire a -100 °C. L’acqua ha invece un calore di fusione e vaporizzazione estremamente elevati ed è in assoluto il liquido che richiede la maggior quantità di calore per innalzare di 1 °C la sua temperatura (calore specifico).
Sta alla base di una quantità ineguagliabile di reazioni chimiche. Nonostante la sua spiccata tendenza a formare reti di legami idrogeno che solitamente creano attrito tra le molecole frenandone i movimenti, presenta una viscosità molto bassa. La sua tensione superficiale è elevatissima, tra le più alte dei liquidi conosciuti.

Alla base e responsabile di questi fenomeni è la sua caratteristica struttura a cluster.

Cosa sono i cluster?

L’acqua si comporta come una molecola dipolare con la presenza di cariche elettriche positive sugli atomi di H e negative sugli atomi di O. Ciò è alla base delle interazioni elettrostatiche tra gli atomi di H di una molecola di acqua e gli atomi di O di un’altra molecola, dando luogo alla formazione dei ben noti “legami idrogeno”.
Queste reticolazioni dei legami idrogeno determinano la formazione dei cluster. Potremmo quindi dire che la formula dell’acqua non è in realtà H2O bensì H2nOn.
La sua struttura di base è un tetraedro (quattro molecole di acqua formano la struttura H8 O4). Questi tetraedri compongono cluster formati da centinaia di molecole d’acqua (Icosaedri).
L’acqua liquida contiene sia molecole individuali, sia cluster piccoli e grandi. La formazione e la rottura continua dei legami idrogeno sta alla base di aggregati fluttuanti detti anche “dominii”con una struttura simile a quella del reticolo cristallino del ghiaccio. A seconda di come sono allineate le molecole dipolari nella parte esterna dei cluster, essi possono avere carica + o -, determinando in tal modo l’acidità o l’alcalinità dell’ambiente.
Il fatto che un cluster possa penetrare all’interno della membrana cellulare o rimanere nello spazio intercellulare dipende dalla sua grandezza: i cluster piccoli, formati da 6-8 molecole di acqua, possono penetrare nelle cellule.
Il corpo umano è costituito per circa il 70% del suo peso da acqua ma se anziché di peso, e quindi di massa, parlassimo di molecole, allora vedremmo che il 99% delle molecole che costituiscono il corpo umano sono molecole di acqua. Sembra incredibile ma è così!
Il grandissimo e compianto professor Emilio Del Giudice, certamente una delle menti più illuminate del nostro secolo, affermando questa realtà, ha posto la seguente domanda: “come mai, fino ad ora, i biologi, i biochimici e i medici si sono occupati di studiare quel 1% delle molecole e non si sono concentrati sull’altro 99%?! Una medusa è composta per il 99,9% di acqua; eppure se qualcono tocca una medusa non dice di avere toccato l’acqua fresca! Da un punto di vista chimico la medusa è quasi totalmente acqua, ma da un punto di vista funzionale non è acqua perché “fa male”! Allora deve essere acqua diversamente organizzata”.
Torniamo ai cluster: queste strutture, dicevamo, sono in continuo cambiamento, formandosi e distruggendosi. Tali formazioni possono immagazzinare al loro interno altre molecole che vengono lentamente rilasciate. I cluster rimangono stabili per msec (tempi relativamente lunghi considerando i range in cui si svolgono i processi biochimici).
L’ossigeno è l’altra pietra angolare della vita oltre all’acqua. Essendo l’accettore principale di elettroni nella fosforilazione ossidativa per la produzione di ATP, esso è un nutrimento per la cellula, ma anche un veleno molto potente qualora l’organismo non risultasse in grado di bilanciare i suoi effetti attraverso un complesso sistema di regolazione (REDOX): in una situazione in cui vi sia un eccesso o un deficit di ossigeno avvengono importanti cambiamenti nel funzionamento delle cellule.
La cellula dell’organismo vivente è composta da: nucleo, citoplasma, acqua intracellulare e vari tipi di organuli tra cui i mitocondri. Questi costituiscono la centrale energetica della cellula: a partire dal glucosio e dall’ossigeno producono ATP+CO2+H2O. Se si hanno buoni mitocondri e disponibilità di ossigeno si ha una buona produzione di energia e la cellula è sana, altrimenti iniziano i guai:
si innesca la glicolisi anaerobica: => acido lattico => acidosi, diminuisce la differenza di potenziale di membrana -70mv ( salute ) => -50 mv (infiammazione) -20 mv( degenerazione, cancro) 0 mv (morte cellulare)
Ecco spiegata l’importanza di garantire al mitocondrio un costante apporto di Ossigeno.

I trattamenti con ossigeno disciolto in acqua per aumentare l’ossigenazione dei tessuti furono sviluppati già intorno al 1920 da un professore tedesco, Otto Warburg, noto per i suoi studi sulla correlazione tra ipossia acidosi e cancro (Nobel per la medicina 1930). L’intuizione era corretta ma le tecnologie usate, anche successivamente, consentivano solo la produzione di un’acqua caricata con ossigeno gassoso instabile in cui l’ossigeno veniva rapidamente perso rendendo impossibile rilevare alcun effetto terapeutico.

Grazie ad una moderna e sofisticata tecnologia si è ora in grado di produrre un tipo particolare di acqua attraverso un processo elettromagnetico: l’acqua subisce un cambiamento strutturale per il quale alcuni atomi di ossigeno vengono liberati dai loro legami e vengono “stoccati” all’interno di cluster sufficientemente piccoli da potere passare attraverso la membrana cellulare, ma sufficientemente grandi da poter trattenere al loro interno atomi di ossigeno.
Si tratta quindi di un’acqua “funzionale” che contiene 18-25 mg/litro di ossigeno stabile e bío disponibile, almeno cinque volte la quantità contenuta nella normale acqua di rubinetto.
È diversa dalle altre acque soprattutto per due motivi: per la particolarità del processo di produzione unico al mondo e per la quantità di studi che sono stati fatti su di essa in vivo ed in vitro, su animali, su volontari sani e ammalati che ne confermano le proprietà. Attraverso l’assunzione di questo tipo di acqua ricca di ossigeno bio disponibile, (bevendola o immergendosi per 50 minuti a 38°) si può aumentare facilmente e rapidamente l’ossigenazione dei tessuti attraverso la pelle e le mucose senza usare la via ematica e, quindi, anche in caso di anemia o malattie polmonari. Ciò rappresenta un concreto esempio di terapia naturale antiaging, un mezzo di prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari e degenerative, una grande supporto nello sportivo, nell’anziano, in caso di stress e di convalescenza e in ogni situazione in cui siano presenti ipossia, infiammazione, acidosi.

Approfondisci < Acqua ad elevato contenuto di ossigeno stabile biodisponibile